Pagine
scarne. Bianco dominante, perennemente. Poche parole. Spazi vuoti, giacigli di
versi. E’ così Bianca Dentro, raccolta-tratteggio di un amore malsano, andato a
male, si direbbe quasi marcio. Amore da cui l’autore Marco Polani esce, come ci
informa anche nella premessa al libro, scolorito. “Ci si colora a vicenda per
poi scolorirsi”, scrive: Bianca dunque è sì nome proprio dell’amata, ma anche comune
di una persona scolorita e perciò bianca appunto.
La
raccolta di Marco Polani, pubblicata da Miraggi Edizioni, è un raccoglitore di attimi e riflessioni brevi sull’amore
ormai passato, finito. Tali attimi e riflessioni si mettono in fila nel
corridoio interiore dell’accettazione del dramma: una strada lunga e dolorosa,
di contrasti e corrispondenze, di odio e amore, di nostalgia e felicità del
presente. Una strada contorta, piena di
tornanti, sempre al limite tra l’esser divorato dalla gola e il mangiare l’asfalto.
V’è dunque una trama di rimando, seppur piena di attimi talvolta opposti, che
va dalla negazione del dramma all’accettazione dello stesso.
La negazione iniziale non
è da intendersi come rifiuto del dramma in maniera totale, bensì parziale: in Bianca
Dentro nulla è portato all’estremo. Ogni elemento psicologico riesce a
scontrarsi in una incoerenza costante in ogni contesto. È per questo, infatti,
che l’autore quasi gioca a rimpiattino con il suo malessere, nascondendolo a sé
stesso, non trovandosi mai presente a se stesso, sempre vagante altrove, ma
allo stesso tempo pone l’attenzione sulla differenza tra quel passato da sogni
e questo presente povero. Lo stesso vale per l’accettazione finale del dramma,
disillusione, consapevolezza del presente e dei propri mezzi, voglia di andare
avanti in cui sempre si inserisce, a tratti, il pizzico di rimpianto verso
quell’amore perso. Si tratta di un tempo non oggettivo e mai definito in un
punto lungo la sua linea; tempo della
vita direbbe Bergson. E il non istituirsi in un punto ben preciso della
linea temporale si riflette anche in quel rifiuto di prendere posizione nella
società, vista quasi come omologante.
Ad una indefinita
identificazione temporale corrisponde un’accurata selezione di orari, giorni,
minuti, microcontesti temporali nel macrocontesto della raccolta. Tali
microcontesti vengono espressi attraverso cifre specifiche (ad es. ai vv.1-2 in
dipingimi sbiadito ora, ma ricordami troppo timido per raccontarti
tutto a pag. 21
compare per due volte il numero 5). Sebbene pochi siano questi esempi, ma
caratteristici, è posto un forte accento generale sul tempo, più spesso in
maniera vaga, com’è vago il verso, isolato su quel giaciglio. Esso talvolta si
costituisce parte di una enumerazione atta a proporre un ritmo assai
incalzante, talvolta resta in solitudine, ricercatore di un senso sopraffino e
impercettibile se non ai più sensibili all’espediente della brevitas.
Bianca Dentro è tutto questo. Pagine scarne. Piccoli tasselli di
un mosaico. Colori uguali, quasi. Impercettibile diversità. Colori che
camminano via via sfumandosi in altri colori.
Ciro Piccolo
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